Il problema, dal mio punto di vista, non è il "DSM 5", in quanto esso è
uno "strumento", ma il vero problema è rappresentato dall'uso che noi
ne facciamo (o che non facciamo) del DSM 5.
In breve: il DSM (come ICD) nasce per parlare un linguaggio comune tra figure diverse in qualifica e geografia.
Pian piano: test psicodiagnostici, statistiche e
criteri hanno sostituito colloqui clinici, osservazioni e percorsi
diagnostici ragionati. Con il conseguente abbassamento delle compentenze
degli operatori.
Dunque, dire che un'eccessiva frequenza diagnostica sia ascrivibile al DSM 5, credo che sia un bias cognitivo vero e proprio.
Potrei portare esempi infiniti,uno tra tanti è la DIAGNOSI di ADHD.
Nei criteri diagnostici NON si parla in maniera esplicita di test da
somministrare in quanto è una diagnosi clinica (e non statistica),
eppure nelle diagnosi di ADHD spesso vi è un elenco infinito di test
somministrati in assenza di colloqui clinici ben approfonditi.
In conclusione, con l'augurio che la compenza nell'uso degli strumenti
come il DSM 5 aumenti ricordandoci che questo manuale (di certo
imperfetto) serve solo per una diagnosi nosografica-categoriale: ma che
dimensionalità del disturbo (eventuale), prognosi, o non-diagnosi (e si,
esistono anche queste): spettano sempre e solo alla nostra acuta
professionalità.
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